lunedì 28 novembre 2016

Come nasce questo blog: mappare una controversia

Questo lavoro prende forma nell’ambito del corso di Sociologia della Scienza tenuto dalla Prof.ssa Barbara Saracino presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università degli studi di Trento, anno accademico 2016-2017.

Il proposito del blog è la mappatura di una controversia, ovvero una rappresentazione semplificata della stessa  resa attraverso la raccolta di informazioni e l’applicazione di tecniche per stabilire le posizioni e le relazioni presenti nella discussione. Si propone di divenire una risorsa per una pluralità di pubblici differenti ed uno strumento di sintesi volto ad informare il cittadino. Ho così messo in luce gli aspetti che caratterizzano la controversia, il fulcro della discussione, i principali protagonisti (portatori di interessi direttamente coinvolti – policy makers – esperti) e le loro argomentazioni, i principali avvenimenti e lo scenario in cui il dibattito si svolge.

Il tema scelto è delicato, attuale e di interesse globale, investendo quella totalità di ambiti tipica di ciò che riguarda salute, alimentazione ed ambiente.
Ho voluto ripercorrere le fasi della controversia sul glifosate, ponendo l’accento sulla risonanza e sul  coinvolgimento della società civile, ed illustrare alcune posizioni prese da governi che hanno saputo raccogliere le istanze proposte a difesa dell’uomo e dell’ambiente in un’ottica lungimirante e cautelativa, ovvero di immaginazione del futuro.
Non mancano inoltre spunti di riflessione che mettono in evidenza l’importanza della comunicazione tra scienza e società ed il modo in cui la seconda recepisce la prima.

Una controversia è un dibattito aperto (e acceso) tra esperti e cittadini che si informano per comprendere ed essere in grado di esprimere un’opinione fondata su valide argomentazioni.  Come sostiene il sociologo Massimiano Bucchi, spesso si crea una polarità o una divisione: tra persone che pensano la scienza in modo positivo (progresso), e chi la vede come predominio della conoscenza sui normali cittadini. Le controversie sono molteplici e caratterizzate da tratti unici, tuttavia possono essere categorizzate, secondo una tipologia tripartita, in globali, interne, locali/territoriali. Nella realtà queste tipologie ideali si intersecano. La controversia sul glifosato presenta tratti dei tipi globale ed interna: globale perché il dibattito, sorto all’improvviso e dilazionato nel tempo, si diffonde a livello internazionale attraverso i mass-media, coinvolgendo protagonisti eterogenei e generando dibattiti circa valori universalistici, che riguardano la relazione uomo-potenziale tecnologico-ambiente,  sollevando problemi sociali di ampia portata. La partecipazione dei cittadini è diretta, avviene attraverso iniziative istituzionali o mobilitazioni spontanee e segue il modello di comunicazione scienza-società definito cross-talk, ovvero multi direzionale ed intenso, che coinvolge una molteplicità di linguaggi e produce out-put non sempre prevedibili.  Interna perché il dibattito si articola anche tra esperti e decisori pubblici (policy making), non solo nell’arena pubblica, ma anche sul piano giuridico-legale; il dibattito prende forma su blog e siti istituzionali al fine di fornire informazioni principalmente agli addetti ai lavori e seguendo il modello divulgativo/educativo top-down. Media, policy making e partecipazione pubblica si influenzano reciprocamente durante tutto lo svolgersi della controversia.

Nel particolare caso del glifosato, quarant’anni dopo la chiusura della scatola nera della scienza (Bruno Latour), nuovi studi contrastanti hanno prodotto evidenze scientifiche a sfavore di tale sostanza attiva e dei coformulanti associati; un terremoto ha scosso la comunità scientifica e la società globale, che già sollevava critiche e dubbi circa la sicurezza per l’uomo e per l’ambiente, di quello che per quasi due generazioni è stato considerato il più efficace ed ecologico pesticida al mondo. Con la riapertura della scatola nera ed una nuova scienza in costruzione (Bruno Latour), in tempi in cui la sensibilità della cittadinanza è aumentata e si dispone di vasti mezzi d’informazione, notiamo come la comunicazione tra scienza e società assuma una rilevanza stratosferica in quanto mezzo di informazione ed influenza delle decisioni finali. La comunicazione pubblica è articolata e plurale ed i non esperti passano da destinatari passivi ad interlocutori, dividendosi in ottimisti con fede nel progresso continuo e pessimisti che ritengono la produzione tecnoscientifica un mezzo  di dominio e razionalizzazione delle azioni umane, che conduce a pericoli per la salute, l’ambiente e la sicurezza. Questa polarizzazione vede emergere potentemente i pessimisti.

Nell’ambito della controversia, scienza e società si mettono in discussione al fine di trovare un accordo che risolva  possibili conflitti ed incomprensioni, in uno scenario complesso ed articolato. Emergono in questo quadro pregiudizi e stereotipi che vedono i pubblici come aprioristicamente contrari, disinformati, ignoranti e disinteressati. Tali pregiudizi sono stati però sconfessati dall’analisi empirica che ha rilevato come l’attenzione del pubblico (nella fattispecie italiano) sia particolarmente forte verso l’ambito delle biotecnologie e come risulti rilevante la conoscenza delle motivazioni soggiacenti la ricerca di scienziati ed esperti. Indicatore importante dell’interessamento pubblico alla relazione scienza-società è la domanda informativa, ovvero le dinamiche caratterizzanti l’ interesse verso specifiche tematiche oggetto di controversia.

L’osservazione di una controversia può essere condotta attraverso l’analisi di dati quantitativi che descrivano i picchi di attenzione; questi possono essere contingenti o manifestarsi gradualmente e rendono l’idea della visibilità della controversia e della partecipazione di gruppi sociali differenti. Nei periodi di picco si riscontra una maggiore  fiducia nei confronti della scienza, quando disorientamento e incertezza spingono i cittadini alla ricerca attiva di fonti autorevoli in grado di fornire argomentazioni sulle quali formare una propria opinione. La disponibilità di notizie ed informazioni sovrabbondanti ed eterogenee diffuse dai media genera però confusione; in questa fase di manifesta una maggiore volontà di partecipazione ed il pubblico vede negativamente scienza e scienziati, percependoli come non completamente in grado di valutare adeguatamente le esigenze della società. Pertanto la comunicazione, relata alla disponibilità e qualità delle informazioni, è fondamentale per giungere ad una decisione quanto meno accettabile da parte dei differenti partecipanti alla controversia. La comunicazione deve essere in grado di tradurre la scienza  in un linguaggio interpretabile dai non esperti, ma deve anche tenere conto delle differenti interpretazioni dei molteplici pubblici di interlocutori coi quali la scienza si trova a dialogare, affinché il cittadino bene informato sia in grado di assumere decisioni, sulle quali influiscono anche il contesto in cui avviene l’interazione ed i criteri che egli adotta nella vita quotidiana.

Fig.1 Picchi di attenzione: ricerca del termine "glifosato" nel mondo. Dicembre 2011 - Novembre 2016. Fonte: https://www.google.it/trends/explore?q=glifosato

Seguendo l’Actor Network Theory di Bruno Latour, rientra nell’analisi sociologica il modo in cui la formazione di conoscenza tecnoscientifica e le innovazioni prendono forma attraverso reti di alleanze, situazioni contingenti e punti di passaggio obbligato in cui gli attori, umani e non umani, partecipano alla formazione ed al consolidamento della scienza; tale inquadramento è utile per comprendere il rapporto scienza-società, in cui il pubblico è sempre più attivo. L’apertura dei dibattiti, orientata ad un modello di compresenza e convergenza di scienza e società, permette di ricercare soluzioni più ampiamente condivise, attraversando continuamente il confine tra esse.

Nel caso analizzato la controversia si genera, struttura e diffonde a partire da una nuova scoperta e da un allarme sociale, che ne delineano la rilevanza pubblica in quanto fattori di diffusione capaci di catalizzare l’attenzione dei media e dei pubblici attorno a questioni di ampia risonanza. Le posizioni si polarizzano circa le potenzialità della ricerca scientifica, la sua efficacia ed i potenziali rischi, e danno luogo e sviluppo al dibattito che delinea l’identità della controversia, ovvero le ragioni che la rendono rilevante nel rapporto scienza-società. Nel caso delle biotecnologie – dunque del glifosato – emergono perduranti ambivalenze e la consapevolezza della necessità di un confronto duraturo che tenga conto dei meccanismi riguardanti la percezione pubblica e la comunicazione della tecnoscienza. In Italia il pubblico di non esperti si è rivelato interessato ed in grado di valutare i prodotti tecno scientifici ed è emerso come siano proprio i cittadini più informati (rappresentati dalle associazioni) a nutrire maggiore ostilità nei confronti del glifosato. Una certa rilevanza è inoltre assunta dal ruolo svolto dalle multinazionali e dalla percezione di esse diffusa nella società civile.

Alicia Chiodi

Fonti:
Il lato controverso della tecnoscienza – Andrea Lorenzet

Presentazione: la mappatura di una controversia (estratto da "Come nasce questo blog: mappare una controversia")

Questo lavoro prende forma nell’ambito del corso di Sociologia della Scienza tenuto dalla Prof.ssa Barbara Saracino presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università degli studi di Trento, anno accademico 2016-2017.

Il proposito del blog è la mappatura di una controversia, ovvero una rappresentazione semplificata della stessa  resa attraverso la raccolta di informazioni e l’applicazione di tecniche per stabilire le posizioni e le relazioni presenti nella discussione, mettendo in luce gli aspetti che caratterizzano la controversia, il fulcro della discussione, i principali protagonisti (portatori di interessi direttamente coinvolti – policy makers – esperti) e le loro argomentazioni, i principali avvenimenti e lo scenario in cui il dibattito si svolge.

Il tema scelto è delicato, attuale e di interesse globale, investendo quella totalità di ambiti tipica di ciò che riguarda salute, alimentazione ed ambiente.

Ho voluto ripercorrere le fasi della controversia sul glifosate, ponendo l’accento sulla risonanza e sul  coinvolgimento della società civile, ed illustrare alcune posizioni prese da governi che hanno saputo raccogliere le istanze proposte a difesa dell’uomo e dell’ambiente in un’ottica lungimirante e cautelativa, ovvero di immaginazione del futuro.
Non mancano inoltre spunti di riflessione che mettono in evidenza l’importanza della comunicazione tra scienza e società ed il modo in cui la seconda recepisce la prima.



Cos'è una controversia (estratto da "Come nasce questo blog: mappare una controversia")

Una controversia è un dibattito aperto (e acceso) tra esperti e cittadini che si informano per comprendere ed essere in grado di esprimere un’opinione fondata su valide argomentazioni.  Come sostiene il sociologo Massimiano Bucchi, spesso si crea una polarità o una divisione: tra persone che pensano la scienza in modo positivo (progresso), e chi la vede come predominio della conoscenza sui normali cittadini. Le controversie sono molteplici e caratterizzate da tratti unici, tuttavia possono essere categorizzate, secondo una tipologia tripartita, in globali, interne, locali/territoriali, che nella realtà si intersecano. Quella sul glifosato presenta tratti dei tipi globale ed interno: globale perché il dibattito, sorto all’improvviso e dilazionato nel tempo, si diffonde a livello internazionale attraverso i mass-media, coinvolgendo protagonisti eterogenei e generando dibattiti circa valori universalistici, che riguardano la relazione uomo-potenziale tecnologico-ambiente,  sollevando problemi sociali di ampia portata. La partecipazione dei cittadini è diretta, avviene attraverso iniziative istituzionali o mobilitazioni spontanee e segue il modello di comunicazione scienza-società definito cross-talk, ovvero multi direzionale ed intenso, che coinvolge una molteplicità di linguaggi e produce out-put non sempre prevedibili.  Interno perché il dibattito si articola anche tra esperti e decisori pubblici (policy making), non solo nell’arena pubblica, ma anche sul piano giuridico-legale; il dibattito prende forma su blog e siti istituzionali al fine di fornire informazioni principalmente agli addetti ai lavori e seguendo il modello divulgativo/educativo top-down. Media, policy making e partecipazione pubblica si influenzano reciprocamente durante tutto lo svolgersi della controversia.

Cos'è il Glifosate?




Il glifosato è una molecola della famiglia degli acidi aminati, costituito da glicina (aminoacido) e da una molecola di acido fosfonico unite tra loro da un ponte di azoto. Questa molecola inibisce un enzima riscontrabile nei vegetali, bloccando la produzione di 3 aminoacidi essenziali per la sintesi delle proteine. Tale enzima è presente solo nel regno vegetale, dunque il glifosate agisce a tale livello solo su organismi vegetali.
Fu inizialmente brevettato quale chelante degli ioni metallici ad ampio spettro da Stauffer Chemical Society (USPTO, 1964), poi da Monsanto Company (USPTO, 1974) come erbicida ed infine sempre da Monsanto Company (USTPTO, 2000) come antibiotico.
Il Glifosato – N-fosfometilglicina - è un diserbante fogliare, sistemico, non selettivo: penetra attraverso la superficie delle foglie (grazie anche ai coformulanti - solitamente l'ammina di sego polietossilata), agisce sul sistema linfatico della pianta intaccandone i punti di crescita attiva e ne causa la morte fin dalle radici per mancanza di aminoacidi essenziali; non è selettivo poiché agisce indiscriminatamente su ogni organismo vegetale, ad eccezione degli OGM appositamente studiati per resistergli (e commercializzati da Monsanto). E’ considerato non tossico per gli esseri umani (Williams et al., 2000) ma altri studi sembrano sconfessare questa asserzione ( es. Cox, 1998, rev. 2000; Cox, 2004; Samsel & Seneff, 2013a, 2013b).
Viene utilizzato sia come pesticida, e quindi per il trattamento del terreno pre-semina per colture di cereali ed arboree, ma anche per la disinfestazione di aree pubbliche ed industriali e come essicante prima del raccolto o quale pesticida usato direttamente sulle colture OGM (quindi con applicazione direttamente sul prodotto alimentare).
E’ una delle sostanze più vendute a livello nazionale (ISPRA, 2011). In Germania l’Autorità per la sicurezza alimentare e la tutela dei lavoratori (BVL) ne ha rilevato l’ampio utilizzo dalla fine degli anni Novanta, arrivando fino a 15 mila tonnellate all’anno. Negli Stati Uniti è il pesticida più diffuso in assoluto.
E’ autorizzato a livello europeo essendo iscritto nell’Allegato I della direttiva 91/414/CEE; in base alla direttiva 67/548/CEE è classificato come sostanza irritante e pericolosa per l’ambiente con le frasi di rischio R41 (gravi lesioni oculari), oltre che R51/53.
I produttori considerano importanti i coformulanti che partecipano alla produzione del formulato finale, in quanto:
- migliorano le qualità fisiche del prodotto;
- massimizzano la bagnatura delle foglie e la penetrazione del principio attivo;
- veicolano il principio attivo più rapidamente ed efficacemente attraverso il sistema linfatico perché non danneggiano le cellule dei vasi di trasporto.
Il maggior controllo delle infestanti dipende dalla velocità di penetrazione del prodotto nelle foglie, resa difficile da condizioni ambientali quali caldo, freddo, siccità. I tensioattivi riducono questa difficoltà permettendo al Glifosate di agire in pochissimo tempo ed accelerando i tempi di trattamento del terreno, possibile anche in vista di pioggia, e di semina.
Tuttavia diversi studi hanno rilevato che i coformulati sarebbero pericolosi per l’uomo, gli animali e l’ambiente acquatico, a causa della facile esposizione diretta durante le applicazioni. Inoltre i residui vengono frequentemente trovati nel terreno, nelle falde acquifere, nelle acque superficiali, negli alimenti. In Italia la sostanza è monitorata solo in Lombardia, dove supera gli Standard di Qualità Ambientale nelle acque superficiali nel 42% dei punti.
E’ bene ricordare che esistono 60 differenti prodotti commercializzati a livello mondiale e contenenti glifosato; questi differiscono per additivi e coformulanti, a loro volta spesso risultati tossici per uomini e animali.

Fonti:
www.roundup.it

http://www.antiglifosati.it/img/pdf/pi_glyphosat_vortrag_ital_10_2_2016.pdf

Storia di un'innovazione: Roundup®


Il giovane chimico John Franz si trasferisce nel 1967 alla divisione agricola dell'industria chimica e agrochimica Monsanto, per collaborare col Dorr. Phil Hamm ad un programma di screening sugli erbicidi.
Dopo tre anni di ricerche il team riesce a sintetizzare la molecola del Gliphosate, che avrebbe per sempre cambiato le tecniche di coltivazione, costituendo il principio attivo della formulazione Roundup® di Monsanto, il più commercializzato pesticida al mondo.
L'erbicida si dimostra efficace sia sulle infestanti annuali che sulle perenni, agendo su foglie e radici. Dalla scoperta del formulato alla sua introduzione sul mercato ci vogliono altri quattro anni di ricerca ed investimenti.
Nel 1974 Roundup® viene immesso sui mercati Britannico e Malese: è il momento perfetto! Si era infatti da tempo alla ricerca di un formulato efficace ed al contempo rispettoso dell'ambiente, così come il prodotto viene pubblicizzato.

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John Franz ricevette la Medaglia Nazionale Statunitense della Tecnologia nel 1987 e fu annoverato nella Hall of Fame degli Inventori Statunitensi nel 2007.
Nel 1977 Roundup® debutta sul mercato italiano, con utilizzo mirato alla sorghetta da rizoma presente tra le stoppie di coltivazione e alla gramigna nei vigneti, nel cui segmento di mercato viene consacrato grazie al "Convegno Internazionale sulla non lavorazione dei vigneti" organizzato nel 1982 a Verona, grazie all'attività di Monsanto. In questo stesso anno vengono apportate migliorie formulative che ne permettono la registrazione in terza classe tossicologica.
Nel 1985 la nuova formulazione Roundup®400 diviene principalmente impiegata, specialmente in Sud Italia, come diserbante ovicolo.
Nel 1988 Roundup® ottiene una nuova consacrazione tutta italiana: con il "Progetto Pompei" (per saperne di più: http://monsanto.it/_pdfs/30anniroundup.pdf viene impiegato per la bonifica del sito archeologico, già Patrimonio Mondiale dell'Umanità dal 1977. Questo impiego, che permise di accedere rapidamente alle aree archeologiche, contribuì all'accettazione dell'erbicida come agrofarmaco utilizzabile nelle aree civili e in tutti i segmenti extra-agricoli in cui è tutt'oggi utilizzato.
Negli anni '90 gli sforzi compiuti da Monsanto sull'innovazione dei tensioattivi coformulanti del prodotto si concretizzano: queste molecole sono importantissime per permettere al glifosate di attraversare più rapidamente la superficie fogliare ed essere traslocato all'interno della pianta, dove in percentuale più alta può agire su ogni sua parte vitale. Inoltre il brevetto sta per scadere (1992) ma Monsanto è già pronta a lanciare sul mercato nuovi prodotti, con profili ecotossici migliori e più efficaci. Infatti nel 1993 viene introdotto il Roundup®Bioflow a tecnologia Biosafe® che Monsanto definisce "pulito"; inoltre Monsanto si dichiara attenta alla tutela ambientale e partecipa alla nascita dell'Associazione Italiana dell'Agricoltura Conservativa (A.I.G.A.Co.S, per saperne di più:  http://www.aigacos.it/home.cfm).
Negli anni 2000 la ricerca continua e vengono lanciati formulati sempre più innovativi, pratici ed efficaci, riuscendo anche ad abbattere i costi, sia del prodotto in sé, che di stoccaggio e trasporto. Inoltre le nuove formulazioni migliorano notevolmente la performance temporale (da un minimo di sei ore ad un massimo di 4 giorni dal diserbo alla semina) e l'efficacia in  condizioni estreme (caldo, freddo, siccità, pioggia). Risulta inoltre migliorato il profilo ecotossicologico che permette le sole frasi di rischio R52/R53 in etichetta (http://www.iss.it/binary/hclp/cont/Frasi_R.pdfe la totale assenza di pittogrammi di pericolosità nella formulazione più avanzata Roundup® Platinum.
Ad oggi gli erbicidi a marchio Roundup® sono utilizzati in 130 paesi  su colture quali mais, colza, cotone, soia, riso, vigneti, oliveti, agrumeti.

Fonte:
http://www.roundup.it


La comunità scientifica spaccata: IARC vs EFSA

Marzo 2015
Lo IARC, organo dell’OMS, pubblica la propria monografia (anche su "The Lancet Oncology"), definendo il glifosato “probabilmente  cancerogeno per l’uomo” ed inserendolo nel gruppo 2A (che contiene 66 sostanze o fattori di rischio, quali la frittura ad alte temperature, le carni rosse, gli anabolizzanti), il giudizio è giunto dopo 11 anni di ricerche condotte da 17 esperti. Lo IARC conclude che “le prove che il prodotto provochi il cancro negli animali sono sufficienti” e “sono forti quelle riguardanti la genotossicità”; ciò significa che l’evidenza di cancerogenità è limitata nell’uomo ma che il meccanismo osservato negli animali vale anche per lui. Fino a quel momento l’esposizione a pesticidi era stata correlata all’aumento di leucemie infantili, a malattie degenerative quali il morbo di Parkinson ed alla celiachia. Ora emerge anche una forte correlazione con l’insorgenza del linfoma Non-Hodgikin (che colpisce prettamente giovani e anziani, n.d.a.).

Il parere ha riaperto la controversia. Già nel 1985 l’Agenzia statunitense per la protezione dell’ambiente aveva indicato il glifosato come possibile cancerogeno umano, testandolo sui ratti; sei anni dopo cambiò idea.

Ciò che manca nello studio IARC, che condivide i limiti di tutti gli studi epidemiologici associando una malattia all’esposizione ad un determinato composto, è un nesso di causa-effetto assolutamente certo.


A Novembre, l’EFSA, organo di consulenza scientifica della Commissione Europea in materia di rischi associati alla catena alimentare (European Food Safety Authority) sostiene “improbabile che il glifosato costituisca un pericolo di cancerogenicità per l’uomo”; tale parere corrisponde a quello diffuso poche settimane prima dal BFR – Istituto Federale Tedesco per la valutazione del rischio. Tuttavia EFSA ha richiesto alla Commissione Europea di rendere più severo il controllo di glifosato negli alimenti ed ha posto la DAR (dose acuta di riferimento) a 0,5 milligrammi per chilo di peso corporeo, ovvero la dose che può essere ingerita in un breve lasso di tempo senza comportare rischi per la salute. Dopo aver vagliato un’enorme mole di dati, sostiene EFSA, un team composto da scienziati interni e scienziati rappresentanti i 28 paesi membri, s è ritenuto necessario ridefinire la DAR e la LALEO (livello ammissibile di esposizione dell’operatore), nei limiti sopra riportati. Inoltre EFSA sostiene l’improbabilità che la sostanza sia genotossica (dannosa per il DNA) o minaccia di cancro per l’uomo.

E’ importante sottolineare che le valutazioni di IARC derivano dall’analisi sia della sostanza attiva glifosato, sia dei coformulati, mentre la valutazione UE considera solo la sostanza attiva, lasciando a ciascuno Stato membro il compito di analizzare i prodotti commercializzati sul territorio nazionale.

Gli approcci adottati dall’UE e da IARC nella valutazione del rischio sono dunque differenti.
EFSA propone che la genotossicità e pericolosità di ciascun formulato (non solo della sostanza attiva) vengano ulteriormente studiate e che venga, se necessario, rivalutato l’uso dei diversi prodotti in commercio.

Inoltre le valutazioni derivano dall’analisi di studi diversi, sia in termini quantitativi che qualitativi.

Fonti:


Birra contaminata: soffiata sulla controversia



A febbraio 2016 l’Istituto per l’Ambiente di Monaco rileva quantità di glifosato  che oscillano fra 0,46 e 29,74 microgrammi per litro, ovvero oltre il limite consentito di 0,1, in 14 diverse e famose marche di birra (Paulaner, Franziskaner, Beck’s, solo per citarne alcune). Si rinfiamma la controversia, anche perché a giugno scadono le temporanee proroghe di utilizzo,  concesse nel 2015 a seguito della richiesta degli Stati Membri di condurre ulteriori approfondimenti. Ricordiamo che a marzo 2015 era stata pubblicata la monografia di IARC (International Agency for Research on Cancer – appartenente all’OMS), contrapposta ai risultati ottenuti in seguito da EFSA (European Food Safety Authority).

L’Unione dei Birrai tedesca giudica i risultati non credibili, bisogna però tenere conto del malto d’orzo di importazione (Danimarca, Francia, Gran Bretagna) impiegato nella produzione, in quanto in Germania non è consentito l’utilizzo di glifosato per accelerare l’essicazione prima del raccolto, ma il solo trattamento del terreno pre-semina.

Fonti:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/02/25/birre-tedesche-allarme-diserbante-glifosato-in-becks-paulaner-e-altri-marchi-i-produttori-assurdo/2495788/

La controversia raggiunge la Commissione Europea



Il 30 giugno 2016 scadevano le proroghe di autorizzazione per l’utilizzo di glifosato nelle colture europee, dal 2012 già rinnovate due volte.

Il 7 e l’8 marzo 2016 la discussione circa il rinnovo delle autorizzazioni per l’utilizzo del Glifosato giunge al Comitato permanente sui fitofarmaci (Paff) dell'UE. Le consultazioni vengono avviate, ma sull’onda della controversia,  già ravvivata dal caso della birra tedesca contaminata, non si riesce a raggiungere un accordo. La decisione passa direttamente in Commissione: spetta agli Stati membri.

A Bruxelles il commissario alla salute,  Vytenis Andriukaitis, propone il compromesso di “ridurre i tempi del prolungamento dell’autorizzazione a otto-dieci anni anziché 15”. Nulla da fare. Si procede con ulteriore proroga fino al 31 dicembre 2017, data in cui è prevista la consegna da parte dell’ECHA (Agenzia europea per le sostanze chimiche) della valutazione circa gli effetti negativi del glifosato sulla salute umana e sull’ambiente. Non si procede alle votazioni perché certi di non conseguire una solida maggioranza: si sono apertamente schierati contro il glifosato Italia e Francia; Germania, Svezia, Slovenia, Portogallo, Lussemburgo, Austria e Grecia avrebbero invece scelto l’astensione.

Il governo Italiano sta lavorando ad un “piano nazionale glifosato zero” su impulso del Ministro alle politiche agricole Maurizio Martina e del Ministro della Salute Beatrice Lorenzin, che prevede tre pilastri fondamentali: 
1) implementazione della rete di monitoraggio dei residui di Glifosato su tutto il territorio;
2) introduzione di limitazioni al suo impiego nell’amblito dei disciplinari che permettono l’adesione volontaria al sistema di qualità nazionale;
3) definitiva eliminazione del Glifosato dai disciplinari di produzione integrata entro il 2020.
Si prevede inoltre l’investimento di oltre 2 miliardi di euro per l’adozione di misure agronomiche che abbassino l’utilizzo di agrochimici, tendenza del resto già rilevata nell’ultimo decennio.

"Glifosato zero: Il nuovo piano del Ministero delle Politiche agricole" a cura di Codacons



Fonti:
http://www.lifegate.it/persone/news/el-costo-humano-de-los-agrotoxicos-glifosato

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2016-03-06/l-italia-contro-glifosato-no-riconferma-ue-dell-erbicida-180221.shtml?uuid=ACUUcriC


Fao e Oms: nuove valutazioni del Jmpr


Maggio 2016
Al termine del meeting del Panel of Experts on Pesticide Residues, FAO e OMS fanno marcia indietro rispetto alle dichiarazioni del 2015, basate sulla monografia IARC: “è improbabile che l’assunzione di glifosato attraverso la dieta sia cancerogena per l’uomo”, sotengono.
L’assunzione di glifosato e di prodotti derivati non avrebbe risvolti genotossici fino all’assunzione di 2000 milligrammi per chilo di peso corporeo, nella maggioranza dei mammiferi. Riconoscono che alcuni studi abbiano evidenziato correlazioni tra l’assunzione di glifosato ed il linfoma Non-Hodgkin, tuttavia non risulterebbero ancora essere dati certi, non essendo state rilevate evidenze in uno studio di qualità e con più ampia coorte.

Inoltre il glifosato è sempre stato considerato rischioso più per l’esposizione diretta che per l’ingestione, come rilevato in Argentina dove se ne fa largo uso, per fumigazione, sulle coltivazioni OGM di soia, cotone e mais.

Fonti:
http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2016-05-16/glifosato-l-oms-frena-improbabile-che-sia-cancerogeno-154901.shtml?uuid=AD4U7yI&fromSearch

http://www.nationalgeographic.it/scienza/2016/05/16/news/dietrofront_il_glifosato_non_e_cancerogeno_oms-fao_smentiscono_lo_iarc-3091519/

Alcuni studi paralleli

L’ISPRA, in Italia,  conduce studi per produrre il Rapporto Nazionale Pesticidi nelle Acque ed ha prodotto, nell’edizione 2016 (LINK) significative evidenze circa il superamento dei livelli massimi consentiti di glifosato.

In rete sono diversi gli studi disponibili, pubblicati da società di privati, associazioni di cittadini e riviste scientifiche, che evidenziano la pericolosità del glifosato per l’uomo, specialmente come inibitore endocrino. Le principali conseguenze dell’assunzione od esposizione al glifosate risulterebbero essere:
  • Effetti cancerogeni
  • Effetti sui batteri intestinali: produzione interrotta di alcuni di essi ed influenza negativa sul Lactobacillus, con ripercussioni negative sul funzionamento della tiroide (a causa della mancata produzione di selenocisteina), oltre ad arresto degli enzimi Cytochrome450 attivi nella disintossicazione da tossine.
  • Effetti ormonali: influisce negativamente sulla produzione di ormoni femminili quali progesterone ed estrogeno, intaccando l’apparato riproduttore.
  • Malattie associate: i cambiamenti che avvengono nell’organismo umano in seguito ad assunzione od esposizione a glifosato, possono  indurre malattia quali: Parkinson, cancro, celiachia, obesità, diabete, autismo, infertilità, Alzhaimer.
Per un approfondimento rimando al seguente link:

Interessante è anche lo studio pubblicato nel 2008 dall’American Chemical Society e condotto da Nora Benachour e Gilles-Eric Séralini dell’Università di Caen in Francia, circa gli effetti di apoptosi e necrosi che il glifosato eserciterebbe sulle cellule ombelicali, negli embrioni e nella placenta.

Di seguito il link all’abstract dell’articolo: http://pubs.acs.org/doi/pdf/10.1021/tx800218n

Il dibattito si fa capillare


Basta digitare “glifosato/ glifosate/ glyphosate” su un qualsiasi motore di ricerca, per imbattersi in qualche articolo che tratti l’argomento, che offra uno spaccato di come sia progredita la controversia, che narri le origini della sostanza attiva e dei coformulanti e ne descriva gli effetti.
La questione è molto sentita, non solo nella comunità scientifica, ma anche dai comuni cittadini e dalle diverse associazioni, siano queste di utilizzatori, o consumatori dei prodotti agricoli trattati. L’interessamento è globale, globalizzato è il mondo in cui il prodotto è diffuso tramite le multinazionali che principalmente lo producono e commercializzano.
A marzo 2016, in concomitanza al riemergere della querelle, Confagricoltura – Confederazione Generale dell’Agricoltura Italiana – definisce “eccessivo l’allarmismo creato dallo studio IARC” e Agrofarma (Associazione nazionale imprese agrofarmaci, facente parte del gruppo Federchimica di Confindustria) emette un comunicato per rispondere alla polemica sul glifosato. Di seguito alcune tesi che paiono sostenute in tale comunicato:

-          "Ogni prodotto regolarmente in commercio nel mercato UE è stato oggetto di analisi e reputato sicuro, secondo le indicazioni riportate in etichetta.
-          I test sono condotti da autorità scientifiche a garanzia della salute dei cittadini e dell’ambiente, secondo metodologie e criteri scientificamente validati e definiti per legge."

-          “ Riteniamo dunque dannoso continuare a mettere in discussione decisioni prese secondo questi criteri, perché ciò finirebbe per creare un quadro di incertezza delle regole controproducente per tutti, compresa la ricerca scientifica.
L’industria degli agrofarmaci lavora a fianco delle autorità competenti per garantire che ogni singolo prodotto segua l’appropriata procedura di controllo e sia immesso sul mercato soltanto una volta comprovata la sicurezza.”

Avendo l’impressione che i toni siano piuttosto infiammati e che venga fatto uso di una certa retorica, cerco in tutta la rete, specialmente sui siti di Federchimica e Agrofarma, il pdf del comunicato originale: non lo trovo! 
Eppure diversi siti riportano esattamente le stesse parole…che sia un fake? Che sia stato ritirato il comunicato originale? Che sia una manovra di qualche “complottista” per infiammare ulteriormente la bagarre?

Alcuni siti che riportano il comunicato “fantasma”, ma non citano la fonte:




Il sito di Agrofarma offre invece questo originalissimo comunicato pubblicato il 30 giugno 2016 a seguito della decisione assunta dalla Commissione Europea:


e trovo alcuni video su youtube, con le interviste ad esponenti di Agrofarma, che in buona sostanza ricalcano quanto espresso nel comunicato di giugno, con dichiarazioni in parte simili a quelle che sarebbero state rilasciate a marzo.

 Il condizionale è doveroso: le fonti non sono sempre attendibili, ma, per rendere la portata del dibattito, ritengo utile riportare anche la presunta risposta di Agrofarma circa la polemica in corso. Questo mi permette di porre il focus su quanto sia rilevante la comunicazione mediatica e quanto difficoltosa la comunicazione scienza-società quando si tratta di innovazioni da tempo immesse sul mercato in forma di scatola nera. Una scatola nera difficile da riaprire, colma di interessi economici, oltre che politici, sociali ed ambientali, e che pertanto genera intense discussioni dal basso, che vuole vederci chiaro.

Le interviste ad Andrea Barella, presidente di Agrofarma:

Agrofarma: Assurdo vietare glifosato, per Efsa non è cancerogeno


Guerra al glifosato: è decisione politica.


Parallelamente assistiamo alla diffusione di una campagna nazionale che si esplicita in forti contestazioni ed attraverso manifesti quali “Manifesto STOP Glifosato” (link: http://www.legambiente.it/sites/default/files/docs/manifesto-glifosato2.pdf) cui aderiscono, tra gli altri, Legambiente, ISDE (Associazione medici per l’ambiente), MDC (Movimento in difesa del cittadino).



Nell'era del multimediale non può inoltre mancare un hashtag dedicato, cui aderisce  Movimento 5 Stelle: la questione infatti è anche politica.



Inoltre “The Guardian” in meno di un anno pubblica ben 11 articoli sull’argomento. La portata della controversia è veramente ampia e viene lanciata, tramite WeMove.eu, una petizione per porre fine all’impiego del pesticida, cui aderisce anche SlowFood e che ad oggi ha raccolto 273.626 firme (https://act.wemove.eu/campaigns/no-al-glifosato).



L’11 aprile 2016 “The Guardian” titola:

“Two-thirds of Europeans support ban on glyphosate, says Yougov poll”
“Survey of more than 7,000 people across the EU’s five biggest states backs prohibition of the most widely used agricultural chimica”

L’indagine condotta da Yougov (http://global.yougov.com/), su 7000 persone intervistate nei 5 più grandi paesi europei, rileva che i 2/3 sono a favore della messa al bando del glifosato: ¾ degli italiani, il 70% dei tedeschi, il 60% dei francesi, il 56% dei britannici.
L’intero articolo riassume un po’ quanto scritto fin qui e suggerisce link per l’approfondimento, lo trovate qui in lingua originale: https://www.theguardian.com/environment/2016/apr/11/two-thirds-of-europeans-support-ban-on-glyphosate-says-yougov-poll

Nota: a titolo esplicativo riporto alcune informazioni circa YouGov.

“Cos’è YouGov? YouGov è un’agenzia internazionale di ricerche di mercato con team di specialisti settoriali che offre servizi ai settori finanziario, tecnologico, dei media e delle telecomunicazioni. YouGov è l’istituto di ricerche di mercato più quotato del Regno Unito ed è considerato un pionere delle ricerche di mercato online. Nell’agosto 2012 il rapporto Honomichi Top 25 Global Firms ha annoverato YouGov fra le 25 società di ricerche di mercato più importanti del mondo. Per le ricerche quantitative, YouGov si avvale di un panel online composto da adulti profilati in base a una serie di caratteristiche demografiche, attitudinali, di marketing e di stile di vita. YouGov pone l’enfasi sulla qualità più che sulla quantità e applica dei vincoli per assicurare che, fra i componenti del panel, solo i soggetti selezionati prendano parte al sondaggio. YouGov offre incentivi monetari per incoraggiare la partecipazione ed evitare che gli intervistati mossi da interessi particolari o personali abbiano un’influenza eccessiva. Nel Regno Unito, in Francia e in Germania i panel, che sono composti rispettivamente da oltre 360.000, 77.000 e 180.000 adulti, sono costruiti da YouGov. Negli altri Paesi, YouGov si avvale di una società partner che conduce l’indagine tramite interviste online ai propri panel. In questi Paesi, i panel sono composti dal seguente numero di adulti: 17.995 in Austria, 15.048 a Hong Kong, 101.164 in Italia, 20.762 a Singapore, 103.493 in Spagna e 14.458 in Svizzera. Per le ricerche qualitative, YouGov usa forum online, focus group (face to face) e interviste cognitive. I dati raccolti sono quindi usati come singole informazioni oppure integrati con i risultati delle ricerche quantitative. Una volta raccolti, i dati vengono ponderati sulla base dei censimenti dei singoli Paesi, se disponibili, o di dati riconosciuti dal settore, per fare in modo che il campione rifletta il più possibile la popolazione generale.”